Il libro, pubblicato nel 1996 dalle edizioni Enne di Campobasso, è un tascabile della collana Guide, in cui sono illustrati in maniera chiara ed efficace i molteplici aspetti del rito:
le «'ndòcce» tra cronaca e storia (‘800, ‘900, nel 1932 la prima gara delle 'ndòcce (torce), le 'ndòcce nel dopoguerra e fino ai giorni nostri);
la ricerca sul campo (il metodo, il questionario, la costruzione delle 'ndòcce, usi e tradizioni, gli elementi cerimoniali che sono cambiati, i costumi, la sera della Vigilia di Natale, gastronomia natalizia);
i fuochi in Alto Molise (paesi in cui il rito si conserva e dove è defunzionalizzato);
le ndòcce nella poesia e nella musica (poesie e canti dedicati alle 'ndòcce);
conoscere Agnone (città, arte, chiese, artigianato, biblioteche e musei).
Meravigliose sono
le tante foto a colori. Nessuno, credo, può ignorare l'emozione speciale che
le crepitanti e vigorose fiamme delle 'ndòcce sono in grado di offrirci.
La Vigilia di Natale, si resta a lungo ipnotizzati dalle danze incredibili
che le lingue di fuoco sanno inscenare in modo sempre diverso. C'è un ritmo,
una musica delle fiamme, che ha una proprietà incantatrice, fascinatrice,
avvolgente.
La ndòccia è cosa antica ... dicono i contadini di Agnone, intenti alla costruzione.
Al di là della sua spettacolarità, la 'Ndocciata (sfilata di torce) di Agnone è una festa tradizionale, permeata di religiosità popolare, che è rimasta sostanzialmente invariata malgrado il disfacimento della società agro-pastorale che l’aveva prodotta.
É la veìrja (la vigilia di Natale). All’imbrunire, quando “sferra” il campanone di Sant’Antonio i protagonisti, radunati dal pomeriggio nella periferia nord di Agnone, accendono le 1000 'ndòcce e s’incamminano lungo il corso principale che diventa simile ad un gigantesco fiume di fuoco.
I portatori (contadini, tutti uomini) provenienti dalle maggiori contrade (Sant’Onofrio, Guastra, Colle Sente, San Quirico) e rioni agnonesi (Gruppo Capammonde e Capabballe), recano sulle spalle singole fiaccole, o costruzioni a ventaglio, che raggiungono anche ventiquattro elementi di fuoco per un peso di circa 150 Kg e un’altezza che sfiora i quattro metri.
Per la preparazione delle 'ndòcce (torce) si utilizza il legno di abete bianco. Il tronco, tagliato in pezzi di circa un metro e mezzo e privato della corteccia, viene ridotto in sottili listelli (scaróiche), successivamente assemblati e legati fra loro in maniera circolare. A mano a mano che si procede in altezza, si aggiungono rami secchi di ginestra, per aumentarne lo spessore e l’infiammabilità.
Scene di vita agreste a cui partecipano anche le donne, completano la sfilata. A conclusione le 'ndòcce vengono ammonticchiate in un unico grande rogo denominato “falò della fratellanza”.
La sera della Vigilia di Natale, le 'ndòcce di Agnone rievocano l’antica festa della luce, oggi nascita del Redentore. I veri attori sono i laboriosi contadini che ripropongono l’antico rituale agreste-propiziatorio.
Molteplici sono i significati del rito delle 'ndòcce: purificare, propiziare, annientare o allontanare entità malefiche, proteggere, rinnovare, aiutare il debole sole in questo passaggio critico del solstizio. I riti del fuoco manifestano una cerimonialità intesa a rifondare ciclicamente il tempo, la natura e la società, la vita stessa dei singoli individui.
Il fuoco ha bisogno anche di essere rinnovato, rigenerato: la fiamma esprime una purezza e una tensione creativa che necessitano di periodiche conferme, di rituali re-inizi, di una re-installazione fra gli uomini, che sia continua eppure sempre nuova, sempre giovane. La fiamma non deve mai avere il sapore del vecchio, del passato e deve sempre essere associata a una nascita, all'idea dell'origine, all'attesa del futuro.
Esaurito LIBRO 3
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